Una ricerca di un gruppo di neuroscienziati dell’Imperial College London ha mostrato che c’è una correlazione tra incubi e mortalità prematura.
I risultati sono stati presentati al congresso annuale dell’Accademia Europea di Neurologia a Helsinki da Abidemi Otaiku, che ha guidato il gruppo di scienziati in uno studio lungo vent’anni.
Incubi
Cosa sono gli incubi? Terrore, ansia, paura incontrollata: il subconscio guida alle volte il nostro mondo onirico verso luoghi reconditi. Luoghi che non vorremmo vedere. Luoghi terribili in cui tornano a vivere ricordi dolorosi, o prendono vita i nostri pensieri più cupi.
Non sono solamente sogni in cui veniamo attaccati da mostri o creature terrificanti. Ai fini della ricerca, ha spiegato Otaiku, valevano anche esperienze meno inquietanti. Un brutto voto a scuola, un giudizio che ci ha ferito, o una brutta notizia che ci raggiunge all’improvviso.
Fondamentale era la percezione di aver avuto un’esperienza onirica negativa. I ricercatori, infatti, non chiedevano di spiegare quale fosse l’incubo, ma solo la frequenza con cui si avevano sogni brutti.
Cause genetiche?
Avendo analizzato più di 185 mila persone nell’arco di quasi vent’anni, Otaiku ha potuto anche analizzare le sequenze di DNA dei vari soggetti.
Gli individui che fanno più incubi hanno generalmente un tratto genetico particolare, ovvero telomeri più corti. Questo tratto è legato con la rigenerazione delle cellule e dei tessuti.
Quindi fare incubi frequenti potrebbe portare a un invecchiamento precoce e un tasso più elevato di mortalità prima dei 70 anni.
I giovani e gli incubi
In una ricerca precedente, pubblicata sempre da Otaiku, si poneva in relazione l’esperienza degli incubi nei giovani e il deterioramento cognitivo.
Chi sogna scene terrificanti con una frequenza elevata sembrerebbe avere più probabilità di sviluppare malattie neurodegenerative.
Andrebbe anche detto che spesso queste ricerche sono inficiate dalla tendenza naturale degli individui di ricordare più le esperienze negative che quelle positive.
Il marker
Per la prima volta, però, l’Imperial College London ha reso gli incubi un marker per la mortalità prematura o lo sviluppo di patologie neurologiche.
Ma il marker, come ogni fattore di rischio, può comunque essere disatteso. La correlazione, secondo alcuni critici dello studio, è sicuramente interessante, ma potrebbe comunque essere un elemento di incidenza casuale, da unire con molti altri marker. Fumo, abuso di alcol e sostanze, uno stile di vita irregolare.
Negative Bias
Perché, però, la mente umana risulta afflitta tanto facilmente dal pregiudizio negativo (o negative bias, nella terminologia anglosassone originaria)?
Un sogno bellissimo permane nella memoria per pochi giorni, mentre un incubo terribile potrebbe tormentarci per anni. E se è vero che l’inconscio e il subconscio registrano più facilmente elementi negativi, allora la possibilità di avere incubi aumenta.
Un circolo vizioso, quindi, che parte da una meccanica chiave per la sopravvivenza, ma che oggi potrebbe rivelarsi persino dannoso. Fare esperienze brutte e, soprattutto, ricordarle è un fattore cruciale in natura. Ma oggi che non siamo più nella natura?
Intanto, sembra che alcuni neurologi americani stiano lavorando per risolvere il problema degli incubi. La ricerca, però, non ha ancora prodotto risultati apprezzabili.
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