The Terminal è una pellicola del 2004, diretta da Steven Spielberg, che racconta in chiave romanzata l’incredibile vicenda di un uomo prigioniero di un aeroporto. Tom Hanks interpreta Viktor Navorski, alter ego cinematografico di Mehran Karimi Nasseri, e trasporta lo spettatore in un non-viaggio claustrofobico tra le mura e le vetrate del John Fitzgerald Kennedy di New York.
La pellicola
Una mattina come tante presso uno degli scali più affollati del mondo. Un uomo sulla cinquantina arriva al controllo passaporti e, incredibilmente, si ritrova nell’ufficio del Responsabile della Sicurezza, Frank Dixon, interpretato magistralmente da Stanley Tucci.
Viktor non sa che, mentre era in volo verso New York, nel suo paese natale (la fittizia Cracosia) è scoppiata la guerra civile. Il governo ha sospeso ogni contatto diplomatico e invalidato i passaporti. Fino a nuovi sviluppi, l’uomo sarà ospite del terminal dell’aeroporto.
In realtà, Dixon spera che Viktor provi a scappare, diventando un clandestino e, quindi, un problema per la polizia federale degli Stati Uniti. Ma Navorski non vuole infrangere alcuna legge. Decide di attendere. Per giorni, mesi, anni.
Dal particolare all’universale
Le penne di Sacha Gervasi e Jeff Nathanson creano quindi una storia fatta di intrecci e fughe, di attese estenuanti e momenti velocissimi e scalpitanti, estendendo e riducendo la vita da prigioniero di Navorski.
La guerra personale tra Viktor e Dixon riprende quella tra i ribelli e il governo della Cracosia, mentre l’amore per la bella e tormentata hostess Amelia Warren (Catherine Zeta-Jones) riflette nella mente del protagonista il sentimento travagliato tra Napoleone e Paolina Bonaparte. Ugualmente, la passione e l’etica con cui Navorski si dedica ai suoi lavori fanno da contraltare al lassismo con cui i dipendenti del duty free e dell’aeroporto sembrano svolgere i propri incarichi.
E nel corso della trama nuovi personaggi minimi e particolari parlano delle proprie storie personali, che sembrano ricalcare dinamiche universali in cui tutti, chi più, chi meno, potrebbero riconoscersi.
Ispirazioni reali per The Terminal
Come detto, la storia ricalca in maniera più poetica l’incredibile vicenda di Mehran Karimi Nasseri, che visse per quasi diciotto anni nel The Terminal dell’Aeroporto Charles De Gaulle di Parigi. L’iraniano, avendo perso il suo passaporto, si vide rifiutare il visto di ingresso nel Regno Unito, e arrivato a Parigi venne posto di fronte a due possibilità: il rimpatrio o la permanenza nel terminal.
Il film ripercorre la sua storia cercando di trasmettere anche quel senso di solitudine e abbrutimento che sarebbe inevitabile in una situazione del genere. Ma dallo spunto del reale riesce a trasmettere messaggi potenti e profondi, che toccano l’anima e lo spirito dello spettatore, come il motivo per cui Viktor Navorski sta affrontando questo calvario.
The Terminal è anche e soprattutto una storia di umanità. Quella che sembra essere negata dalla burocrazia inflessibile di una società che risulta annoiata e disinteressata a ogni contatto. Quella di chi guarda con superficialità la bellezza di un sorriso, la profondità di una risata, il valore delle piccole cose.
Perché è proprio in quelle piccole cose che si nasconde il vero lato straordinario dell’essere umano: serve solamente avere la voglia e la forza di accendere i riflettori e osservare. Apprezzare il particolare per sublimarlo nell’universale, o comprendere che non c’è universo senza l’unione di singole, particolari, minuscole molecole.
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